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Gli amici del Kuore: GRAZIANO URBANO

Geografie e percorsi dell’arte
Di Graziano A. Urbano

Seguo da diversi anni il lavoro di Gianni Pitta, attraverso un’attenta osservazione delle sue opere, un’esperienza culturale intensa, a tratti anche sofferta, ma sempre particolarmente significativa. Non credo che un’analisi razionale possa esprimere compiutamente il fascino misterioso dei suoi lavori. Dalle prime opere da “Glicemia” a “Mediamente Fragile” fino ai “Cuori”, l’artista, ha sempre mantenuto una certa aderenza alla realtà, attraverso l’utilizzo del colore denso, materico, attraverso l’uso della pennellata grassa e della spatola, “costringe” l’osservatore a superare ogni barriera logica per proiettarsi in una dimensione totalmente sconosciuta nella quale l’intuizione genera diverse impressioni inaspettate.
Credo che la ricerca continua, mai compiutamente appagata, sia il tratto più significativo della pittura di Gianni Pitta, ma l’elemento che assume maggiore rilevanza è la sua capacità di coinvolgere l’osservatore, di avviare con lui un dialogo intimo, un percorso in cui i colori si fanno parola, il segno si fa musica, le totalità diventano percezione.
Nella pittura di Gianni Pitta vi è esperienza di vita, esperienza culturale, saggezza di un artista che si accosta alla vita e soprattutto all’uomo, per coglierne il senso, quell’essenza vera che si cela dietro gli eventi, i rituali sociali, la fretta continua e le nevrosi che caratterizzano lo smarrimento dell’uomo contemporaneo.
Nella pittura di Gianni Pitta c’è un di più oltre al colore: la presenza, dei volti e delle figure umane che diventano topografia dell’anima, territorio di indagine dell’artista che non è mai pago d’esplorare le zone d’ombra, i percorsi intricati sotto traccia, gli impulsi che sfuggono al controllo della coscienza. In questa selva fitta, l’artista dispone stratificati accumuli di colore spatolato sulla superficie ricoperta da pennellate da action painting: una texture che richiama i modi della street art americana. Questa matericità è l’esito di una cultura visiva che l’artista ha respirato a seguito dei diversi viaggi e delle lunghe permanenze fruttuose negli USA, caratterizzate da sperimentazioni, volte a innovare ad ogni costo la propria pittura, scandalizzando e bruciando con furia iconoclasta persino l’alfabeto originario della stessa.
L’artista innesca così un piacevole stato d’animo alienante in cui percorrere continuamente i tratti somatici delle figure, alla ricerca di improbabili somiglianze ma con la certezza che parte di quei volti ci appartengono. Nulla è lasciato al caso e anche se il gesto è rapido nel creare materia, il risultato è un perfetto equilibrio cromatico tra le parti.
Le opere di Gianni Pitta fanno sì che chi le osserva viva nel proprio spirito quel rapporto immediato e intuitivo tra soggetto e oggetto che solo l’arte riesce a creare attraverso forme sensibili, che l’artista è in grado di concepire e ciò al fine di giungere e maturare in tutti noi, in chi guarda un’opera d’arte, una maggiore cognizione del sé.
La conoscenza cromatica di Pitta non è uno strumento aggiuntivo: è una vera e propria scelta, anzi una vocazione. Deputare il colore a vero e proprio “codice” significa che esso assurge a sistema linguistico, autonomo e compiuto, dotato di una grammatica e una sintassi, nonché di un lessico utile per raccontare tutta la realtà.
Se i colori sono energie spontanee, tendenzialmente sovversive, occorre concentrarsi sulle loro proprietà e formulare attente valutazioni per prevedere le loro reciproche relazioni e dominarne perfettamente gli esiti espressivi. Quando ci si trova di fronte alle opere di Gianni Pitta si ha proprio questa impressione: di un’enorme energia sapientemente controllata e meticolosamente guidata. C’è un procedimento costruttivo, di lento e accurato accostamento di colori, di segni e di forme, per comporre opere mai fuori controllo. Nelle pitture plastiche composte di colori accesi, di segni forti, questo procedimento è assai più evidente, perché non si può fare a meno di immaginare il lavoro artigianale delle mani che costruiscono, assemblandolo lentamente, il manufatto.
La costruzione meticolosa della superficie pittorica, tassello dopo tassello, tono accanto a tono, fa sì che l’impulso sia dominato dalla ragione, che la passione venga sottoposta al filtro della mente. Il colore si amplia e si differenzia nella peculiarità delle diverse superfici, facendosi ora liscio e diluito, ora corposo e materico. In alcuni punti la densità della stesura pittorica, resa irregolare dall’aggiunta di materia (stucchi, smalti, resine) crea volutamente inciampi visivi, e costringe a una lettura lenta, a riconoscere quei frammenti di “realtà” inglobati nella sostanza viva del colore e posseduti da esso. Chi osserva però non può fermarsi a un assaggio ravvicinato della pittura: si perderebbe di assaporare la forza dell’intero, che non si esaurisce affatto nella celebrazione del colore e della sua forza.
La pittura di Gianni Pitta si direbbe rispondere in maniera aderente e coerente a come l’artista appare: una personalità mai chiassosa, che interpreta nella frammentarietà della pennellata usata la metafora di un’emotività palpabile che lo abita e lo indirizza. La molteplicità e la densità dei colori usati esprimono un combinazione di stati d’animo, sono un tributo evidente di positività, narrano di uno sguardo stupito e incuriosito verso la vita e il mistero dell’incontro. Osservando le sue opere si ha la sensazione netta di una fusione armonica tra uomo e colore e lui come uno strumentista realizza delle variazioni di soggetto e di concetto mantenendo però sempre costante il misterioso protagonismo del segno e del disegno. È interessante vedere come da un opera all’altra i colori esprimano stati emotivi completamente diversi e come l’artista scelga un determinato segno rispetto ad un altro secondo un meccanismo poco analitico e pianificabile che dimostra, qualora necessario, come l’arte sia spesso sovversiva, allergica alle regole. Come un ricercatore nel suo laboratorio, Pitta estirpa le suggestioni che attraverso le sue pennellate crespate, i suoi segni veloci e decisi, riesce a tirar fuori dalla materia; da essa estrae le molteplici possibilità espressive per esprimere il suo pensiero in una lotta, intimamente vissuta, tra ciò che vuole e quello che è la realtà delle “cose”, per giungere nel transitorio della materia a una forma esplicitata di equilibrio, a una sua idea di armonia, al di là del messaggio dato. Le sue opere sembrano essere il correlativo oggettivo di uno stato d’animo o di un ricordo per la sensibilità con cui il colore cattura l’emozione. C’è anima, c’è vita, c’è musica, c’è poesia, c’è amore, c’è cuore… nelle opere di Gianni Pitta, in cui si riflette il suo animo, la sua personalità, la sua sensibilità… Un animo travagliato, (com’è spesso quello dei grandi artisti), che respira attraverso la vivacità dei suoi colori, e spera che quel briciolo di magia, quel raggio di sole, quel tocco d’arcobaleno vengano ancora rischiarare il suo cielo.
Una personalità franca, schietta, una sensibilità a fior di pelle, che genera emozione, passione, creazione, sono sicuramente questi gli ingredienti che fanno di un uomo ‘un vero Artista.

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